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Cardiologi e infettivologi. Al centro l’uomo
Malattie cardiovascolari e infettive: scontro tra titani
Malattie cardiovascolari e infettive si contendono da secoli il predominio della mortalità e morbilità sul genere umano. Una effimera tregua aveva relegato le malattie infettive nella riserva dei continenti e negli stati caratterizzati da povertà, scarso sviluppo sociale e bassa industrializzazione. Da qualche mese quell’equilibrio è saltato e un commando ben addestrato delle malattie infettive, i Coronavirus, dall’animale, pipistrello, o da qualche provetta di laboratorio, secondo fantasiose tesi complottiste, ha infettato l’uomo occupando militarmente un’intera regione della Cina. Poche settimane di incubazione per la moltiplicazione dei soldati ed ecco in campo la linea di attacco, per la conquista dell’opulento occidente. È bastato il comodo imbarco sui normali aerei di linea, proprio come per l’11 settembre 2011, atterraggio nel cuore economico dell’Italia, il Nord e da qui proiezione in tutta Europa. Inquinamento, assoluta mancanza di conoscenza della potenza di fuoco del nemico, decisioni politiche incerte da parte di amministratori non all’altezza della situazione, inadeguatezza delle strutture sanitarie malgrado sacrifici estremi degli operatori, mancanza di autosufficienza, burocrazia anche per la produzione locale dei dispositivi elementari di protezione e il prevedibile voltafaccia della Unione Europea, Germania e Olanda in primis, hanno reso l’Italia del Nord la sede della più alta mortalità e morbilità dell’Europa. Stessa strategia per invadere gli USA con immutato obiettivo: riconquistare il primato mondiale delle malattie infettive su quelle cardiovascolari e da alleati annientare la nostra specie.
L’uomo si trova oggi nel mezzo di questo scontro epocale. Andromeda, nella mitologia greca al tempo della guerra tra titani, era sul punto di essere sacrificata per salvare il genere umano. Perseo, l’uomo dal grande cuore e dalla forte ragione, che ha ucciso Medusa con uno specchio, ha salvato Andromeda, ha liberato la città di Argo dal mostro marino, indosserà il camice dello scienziato e renderà questa emergenza un ricordo per le generazioni future. Alla ragione non deve mancare il cuore della fede. Le preghiere di Papa Francesco e le sue invocazioni in una Piazza San Pietro vuota, devono elevare al cielo i cuori di tutti noi. Per chi ha fede è Gesù, il Dio fatto uomo, che porrà fine a questa pandemia e ci salverà. A noi far tesoro di questa esperienza per consegnare a figli e nipoti un mondo migliore.
Bari 21.04.2020
25 articolo 2020 – Ringrazio Enzo Varricchio, avvocato e scrittore per l’ospitalità su Scripta Moment
https://www.scriptamoment.it/2020/04/20/tra-cardiologi-e-infettivologi-al-centro-luomo/
Meno infarti in Pronto Soccorso. Vero o falso
La parola agli esperti
L’analisi degli accessi nei Pronto Soccorso, PS, in queste settimane, evidenzia una sensibile diminuzione dei ricoveri per infarto del miocardio. Merito del coronavirus o paura di contagio.
Ma sono veramente in diminuzione le malattie cardiovascolari. La risposta è NO e che se pur ridotti gli accessi ai PS, infarto e ictus sono sempre killer spietati che colpiscono ancora. Le persone hanno paura del contagio ospedaliero e temono di imbattersi in medici, infermieri e ricoverati portatori o malati di Covid 19. Nell’infarto del miocardio “il tempo è muscolo”. Intervenire nelle prime 2 ore con l’angioplastica coronarica dall’insorgenza dei sintomi, dolore al petto il più noto, significa annullare i danni che l’ischemia, mancanza di ossigeno, crea sul muscolo cardiaco. Sono tante le persone, secondo la SIC, Società italiana di cardiologia, che per timore di contagio non richiedono l’intervento del 118 e attendono a casa la scomparsa dei sintomi, perdendo tempo prezioso per la ripresa anatomica e funzionale del cuore. Gli italiani non devono aver paura perché le Unità cardiologiche con terapia intensiva, UTIC, e sale di emodinamica sono sempre operative in qualsiasi ora del giorno e della notte.
Mai come in questo caso l’opinione degli esperti, da anni impegnati nella lotta alle malattie cardiovascolari è fondamentale per diffondere messaggi positivi e infondere tranquillità sulla popolazione. Il team del Dipartimento di Cardiologia e Cardiochirurgia di Mater Dei Hospital di Bari, sempre operativo anche in questa fase, si è offerto per condividere riflessioni e consigli pratici.
«La riduzione degli accessi in PS – riferisce Vincenzo Pestichella, direttore della Cardiologia e UTIC – è secondo i dati della SIC, del 50% per infarto e del 40% per scompenso cardiaco. La verità è che coronavirus crea terrore. Pochi giorni fa, mentre con lo staff di emodinamica mi preparavo per un’angioplastica coronarica, il paziente mi ha chiesto quale fosse la sua malattia. Era mio dovere dire la verità con modi adeguati: infarto che vogliamo risolvere dilatando la coronaria ostruita. “Prof meglio un infarto che il corona” mi ha risposto con espressione rasserenata. Tutto è andato per il meglio e ora è a casa». La razionalità ha cacciato la paura. Per l’infarto abbiamo armi certe, per il Covid 19 ancora no.
«Sono ridotti – aggiunge Giuseppe Grandinetti, responsabile dell’Elettrofisiologia – gli accessi al PS del 30% per fibrillazione atriale e del 35% per pace maker e defibrillatori non funzionanti. Coronavirus non concede tregua. Misure di contenimento e allontanamento sociale, problematiche psicologiche reattive, irregolarità della pressione arteriosa, mancanza dei controlli di prevenzione sul territorio, sono terreno fertile per lo sviluppo di aritmie. Tra queste le pericolose aritmie ventricolari e la fibrillazione atriale che, per l’alto rischio tromboembolico, è la madre dell’ictus cerebrale». Come per l’infarto del miocardio la precocità del trattamento della fibrillazione atriale, farmaci antiaritmici, anticoagulanti, permette il ripristino del ritmo normale, sinusale, e la riduzione del rischio di embolie. Nei casi refrattari si interviene con cardioversione elettrica e ablazione. A Mater Dei Hospital, previo contatto telefonico e in condizioni di massima sicurezza, sono garantiti i controlli dei pace maker e dei defibrillatori per i casi di effettiva necessità e improcrastinabilità. Non è mai venuta meno la disponibilità di eseguire procedure emodinamiche ed elettrofisiologiche, ablazioni, richieste in emergenza urgenza dai colleghi cardiologi degli ospedali periferici.
«Sono quasi dimezzati – commenta Angelo Preziosa, direttore del PS – gli accessi per Sindromi coronariche acute, SCA – ma i casi che giungono alla nostra osservazione presentano indici di danno miocardico molto elevato evidenziabile con grossi aumenti dei marcatori biochimici, Troponina e BNP. Ritardare il ricovero dall’insorgenza dei primi sintomi condiziona negativamente la prognosi di questi pazienti»
L’invito a non aver paura e a consultare sempre i medici di fiducia arriva anche da Sergio Caparrotti, il primario della Cardiochirurgia. «Fa testo l’esperienza di pochi giorni fa che ha visto coinvolto tutto il Dipartimento Cardiovascolare del nostro ospedale. Una signora, C.G.M. classe 47, ha ritardato 2 giorni dall’insorgenza dei sintomi indicativi di SCA prima di chiamare il 118. Troppo tardi per un’angioplastica risolutiva, pur tentata nella speranza di miglioramento in emergenza. Il danno ischemico ha determinato la perforazione del setto interventricolare e sviluppato un grave deficit contrattile incompatibile con la vita. È stata necessaria assistenza meccanica alla circolazione, intervento chirurgico in condizioni di estrema urgenza e passaggio nella Unità di terapia intensiva post chirurgica diretta da Cataldo Labriola. Sarebbe bastata un’angioplastica primaria per evitare questi sviluppi drammatici».
Questo caso deve far riflettere tutti noi. Le malattie cardiovascolari non sono in ferie. Le nostre cardiologie continuano a garantire cure efficaci e di qualità. Un appello importante: ai primi sintomi, consultare il medico di medicina generale o di fiducia per attivare le reti dell’infarto e dello scompenso.
Bari 20.04.2020 24 articolo 2020
https://www.corrierenazionale.net/2020/04/20/meno-infarti-in-pronto-soccorso-vero-o-falso/
https://www.corrierepl.it/2020/04/20/meno-infarti-in-pronto-soccorso-vero-o-falso/
Angeli a Mater Dei Hospital
Salvato a 75 anni da intervento cardiochirurgico complesso
Intervista a Sergio Caparrotti
È iniziato con aprile il terzo mese della guerra che vede il Servizio sanitario nazionale impegnato contro le armate del coronavirus, il nemico invisibile e atroce che ha stravolto vite e comportamenti di tutti noi. Nella prima linea le strutture sanitarie hanno dispiegato uomini e mezzi affinché il genere umano possa riprendere al più presto la normalità dei giorni passati. La fredda aridità dei numeri fa prevedere un lungo periodo di trincea e gli amministratori non devono lesinare risorse per la cura e l’assistenza di quanti sono colpiti da tutte le altre patologie. In medicina non esistono tregue e considerando gli aspetti collaterali di questa congiuntura, sedentarietà, cambio delle abitudini alimentari, stress e ansia, riduzione dei controlli a fini preventivi, le malattie cardiovascolari e oncologiche sono destinate a crescere. L’emergenza Covid 19 dimostra il valore dei nostri operatori sanitari. Umanità e professionalità non sono prerogative del momento, ma il frutto di esperienze e conoscenze maturate negli anni. L’esempio viene da Bari, da Mater Dei Hospital, dove il 2 aprile, Sergio Caparrotti, primario della Cardiochirurgia ha con successo operato una persona di 75 anni, P.N. affetta da una endocardite batterica su una protesi aortica. Una grave patologia ad alto rischio di embolia periferica e cerebrale complicata da shock che aumentava di molto il rischio operatorio. Un perfetto gioco di squadra messo in campo da un efficiente collettivo, dalla Medicina interna diretta da Doda Renzetti, alla cardiologia di Enzo Pestichella, alla Terapia intensiva post chirurgica di Cataldo Labriola, all’Ecocardiografia di Dino Memmola, al Laboratorio di microbiologia di Daniela Volpe, che ha permesso ai cardiochirurghi il buon esito dell’intervento.
Il dott. Caparrotti ci ha concesso un’intervista
Cos’è l’endocardite infettiva e se è contagiosa
È una patologia subdola, non contagiosa, che colpisce le superfici interne delle camere cardiache e si infiltra in profondità fino a distruggere tutte le strutture anatomo funzionali del cuore stesso, se non si pone immediatamente rimedio dopo una diagnosi precoce. È apparentemente rara e determina una mortalità del 20% nelle fasi del ricovero ospedaliero e del 35-40% ad un anno dalla diagnosi. Supera per mortalità la cardiopatia ischemica. Avevamo organizzato un congresso di rilevanza nazionale nei primi giorni di marzo per presentare la nostra esperienza e la gestione multidisciplinare in un’ottica di rete assistenziale ospedale territorio; purtroppo l’emergenza Covid 19 ha annullato l’evento
Poteva essere evitato l’intervento
Assolutamente no. Bisognava intervenire subito perché c’era il rischio di embolia e setticemia, diffusione su tutti gli altri organi della infezione. Questo paziente, giunto alla nostra osservazione tardivamente, già operato per sostituzione della valvola aortica presso altra struttura, aveva completamente compromessa la “crux cordis”, l’anima del cuore, da cui si diparte tutto l’apparato anatomo funzionale dell’organo.
Può descrivere la procedura chirurgica
Accurata e completa eliminazione dei tessuti infetti, ricostruzione con tessuti e protesi completamente biologici, salvataggio delle valvole native e sostituzione della protesi valvolare aortica. Il tutto nella maniera più fedele possibile per assicurare una funzione idonea a supportare adeguatamente la vita del paziente.
L’immaginario collettivo evidenzia nel trapianto l’intervento cardiochirurgico più complesso
Portare a compimento un trapianto cardiaco è una procedura fondamentalmente organizzativa; prevede molti passaggi che devono assolutamente armonizzarsi fra di loro nei tempi e nei luoghi. Il dettaglio tecnico chirurgico e l’attenzione post operatoria sono momenti assolutamente standardizzati perché si agisce su pazienti fondamentalmente sani salvo la grave patologia cardiaca che si risolve con il cuore nuovo. L’intervento che abbiamo eseguito, prevede un attento, particolareggiato quanto veloce iter diagnostico. Sono necessari dettagli di tecnica chirurgica ideati al momento, non si può sapere quanto vasto possa essere il danno anatomico. Il buon esito non è legato al solo atto chirurgico. Serve una gestione post operatoria complessa considerando che il paziente era giunto al tavolo operatorio in gravi condizioni generali e con un cuore molto compromesso prima dell’intervento chirurgico.
Ecco un caso di buona medicina di cui ci piace scrivere e raccontare. Non mancano gli Angeli a Mater Dei Hospital che mantiene alto il livello di allerta e attenzione, continuando in silenzio a garantire cure efficaci e assistenza di qualità.
Bari 04.03.2020
20 articolo 2020
https://www.corrierenazionale.net/2020/04/04/angeli-a-mater-dei-hospital/
https://www.corrierepl.it/2020/04/05/angeli-a-mater-dei-hospital/
Dalla Puglia Nicola: così sono guarito dal Coronavirus
Grazie ai medici e agli infermieri dalla grande umanità e professionalità
Nicola, 59 anni, impiegato con la passione del canto e della musica, guarito dal Coronavirus, è tornato a casa dopo 21 giorni di degenza al Policlinico di Bari. Un viaggio nel tunnel della paura e della sofferenza risolto positivamente grazie alla sua forza d’animo e alla professionalità degli Angeli che con amore e professionalità lo hanno curato. Questa intervista è la testimonianza di un uomo che, in piena forma, fisico possente con corretto stile di vita e senza alcuna patologia collaterale, è entrato in contatto con un nemico atroce e invisibile, che non mostra subito la potenza di fuoco dei suoi armamenti. Un messaggio di speranza che deve essere di aiuto a quanti stanno ancora lottando.
Come è iniziata la sua storia
Dal primo marzo, ho cominciato a lamentare nausea, sensazione di spossatezza, dolori muscolari; dopo pochi giorni, tosse sempre più insistente, febbre che la sera raggiungeva valori elevati. Ho pensato alla solita brutta influenza e alla stanchezza accumulata nella settimana precedente ricca di tanti impegni di lavoro e contatti sociali. Vani i comuni trattamenti terapeutici suggeriti in un’altalena di peggioramenti e piccoli miglioramenti.
E poi
Devo molto a mia moglie che ha chiamato il pomeriggio dell’11 di marzo il 118. Sono stato portato alla Clinica Malattie infettive del Policlinico, diretta dal Prof. Gioacchino Angarano, tampone rinofaringeo e in tarda serata il responso.
Cosa ha provato
Un colpo al cuore inaspettato perché non avevo mai considerato l’infezione da Covid 19. La mia mente pensava a tante altre patologie. Ho provato paura e subito quella sensazione di solitudine e preoccupazione non tanto per me ma per gli altri. Temevo di aver contagiato la mia adorata moglie, parenti e amici. Avrei potuto contagiare tante altre persone nei giorni successivi.
Come è stata la degenza
Giorni duri, la febbre e il malessere generale aumentavano sempre di più. Grande disagio perché mi sono trovato nel bel mezzo della riorganizzazione e della trasformazione di tutto il Padiglione Asclepios in Unità Covid. Spostamenti in ambulanza 3 o 4 volte, ventilazione assistita con il timore di essere intubato con passaggio dalla terapia sub intensiva a quella intensiva che intravedevo dal letto della mia degenza.
Chi e cosa l’hanno aiutato
Lottavo con tutte le mie forze, volevo trasferire nei polmoni tutto l’ossigeno che mi era erogato nella maschera. Pregavo tanto, leggevo i messaggi di incoraggiamento della famiglia, degli amici e non volevo mollare. La somministrazione “compassionevole” di un nuovo farmaco per questa malattia ma già usato per la cura dell’artrite reumatoide, in quinta giornata di degenza, il Tocilizumab, ha cambiato il decorso clinico del mio stato
Se mi permette il tocco di leggerezza, è stato “il telefono che allunga la vita” e un farmaco per l’artrite a salvarla
Un sorriso non deve mancare e la leggerezza è importante; come non ricordare quei ragazzi che mi invitavano a cantare avendo saputo della mia passione per la musica e il canto. Bisogna avere fede nel Signore e fiducia negli Angeli che pur con turni massacranti, limitati anche nelle funzioni biologiche elementari dai necessari e insostituibili dispositivi di sicurezza, non lesinano atteggiamenti di incoraggiamento e parole di conforto. La professionalità e umanità di queste donne e uomini impegnati in prima linea permetteva di far superare il dolore provocato da alcune procedure diagnostiche, per esempio i prelievi arteriosi, indispensabili per controllare l’evoluzione della malattia. Ho visto tanti giovani Angeli preparati e capaci, a cui va tutta la mia riconoscenza. Bisogna stringere i denti e non far venir meno la caparbietà di vedere quella luce che porterà fuori del tunnel. Nessuno vince da solo.
Adesso cosa l’aspetta
Quarantena domestica per 15 giorni. Il tampone eseguito prima della dimissione era negativo, ma è necessaria la conferma di questa negatività tra 2 settimane. L’isolamento sociale è in questo momento l’unica arma di prevenzione e invito tutti a restare a casa.
Grazie caro Nicola e auguri per questa nuova vita. Nessuno vince da solo ha detto Papa Francesco. Fede, fiducia e caparbietà sono i messaggi che il nostro amico manda con l’intervista.
Nicola, nome reale e non di fantasia, ha preferito al cognome “mettere la faccia” e ha postato “Fiore di maggio”, la celebre canzone di Fabio Concato, che ha voluto dedicare ai medici e al personale paramedico della palazzina COVID-19 del Padiglione Asclepios del Policlinico di Bari…… Grazie Angeli….
Vediamo il video e tributiamo tutti insieme un dovuto e sincero grazie a questi Angeli che stanno lavorando per noi
clicca https://www.facebook.com/nico.dipinto.3/videos/2745165678929718/
Bari 03.04.2020
19 articolo 2020 https://www.corrierenazionale.net/2020/04/03/dalla-puglia-nicola-cosi-sono-guarito-dal-coronavirus/
https://www.corrierepl.it/2020/04/04/dalla-puglia-nicola-cosi-sono-guarito-dal-coronavirus/