Archivi categoria: Articolo

Alimentazione moderata giovinezza assicurata

Cavie sottoposte in laboratorio a un regime alimentare ridotto del 40% del contenuto calorico, rispetto al normale, presentano un miglioramento dello stato generale di salute. E’ quanto emerge da una ricerca, pubblicata recentemente su Plos One condotta dalla dott.ssa Maria Blasco, direttore del Centro nazionale di ricerca sul cancro in Spagna. I risultati dello studio dimostrano che mangiare in modo frugale aiuta anche a mantenere giovani e sani i cromosomi dei topolini dell’esperimento. I telomeri, le estremità dei cromosomi, risultano protetti da accorciamento e non subiscono il fisiologico e inesorabile processo d’invecchiamento. I topolini “a dieta” hanno presentato maggiori difese immunitarie e accresciuta capacità di respingere l’attacco di malattie legate all’invecchiamento dei tessuti come l’osteoporosi e il cancro.
E’ questo il segreto della formula dell’elisir di lunga vita? Certamente no, ma non dimentichiamo mai la nostra dieta mediterranea. La pratica clinica insegna che un’alimentazione attenta, moderata, ricca in fibre e vitamine della frutta di stagione, che predilige l’olio d’oliva, ben bilanciata nella componente lipidica, proteica e glucidica, nell’uomo determina indiscutibili vantaggi in termini di benessere generale, accrescimento delle difese immunitarie e di conseguenza minore sviluppo di malattie cardiovascolari e oncologiche.

Bari 29 gennaio 2013

Sigaretta? No grazie, preferisco correre

Molti lettori di questa rivista mi hanno chiesto di rispondere al quesito se nei fumatori l’esercizio fisico annulli i danni prodotti nell’organismo dalle sigarette. Potrei rispondere elencando una lunga serie di evidenze scientifiche riportate in letteratura, ma mi è sembrato più pratico e, spero più efficace, dare una risposta legata all’esperienza e alla pratica professionale quotidiana.  La considerazione di partenza è che i fumatori sono consapevoli di arrecare un danno al proprio corpo. Se la conoscenza di un problema è il primo passo per la sua risoluzione, il messaggio dovrà essere semplice e positivo.
Fumo e sport rappresentano due comportamenti di stili di vita inconciliabili tra loro. Sono due entità che non potranno mai formare una coppia. Fumare modifica negativamente qualsiasi performance sportiva e l’esercizio fisico non protegge dal rischio di sviluppare una neoplasia polmonare nei fumatori abituali. Lo sport vuol dire vita e l’esercizio fisico ispira libertà, bellezza e divertimento. L’esercizio fisico aiuta a raggiungere un migliore stato di benessere sia fisico sia psichico. Al contrario, il fumo di sigaretta e il consumo di tutti i prodotti a base di tabacco sono cause di malattie cardiovascolari, polmonari, tumorali e di morte. Tutti gli elementi contenuti nella sigaretta sono dannosi. I prodotti di combustione del tabacco e della carta sono cancerogeni, il monossido di carbonio crea cattiva ossigenazione del sangue, la nicotina effetti sull’apparato cardiovascolare e nervoso. Da problemi immediati, tipo affanno e fiato corto a problemi duraturi per il danno su tutti gli organi e gli apparati.  Anche la funzione sessuale è compromessa. Chi pratica attività sportiva a qualsiasi livello, agonistico o ludico, e ci tiene a farlo al massimo delle proprie capacità, non deve fumare. Il fumo, riducendo la respirazione e l’efficienza muscolare, aumentando la frequenza cardiaca, determina un minore rendimento sportivo.
Purtroppo molti eventi sportivi, vedi la Formula 1, sono anche legati a pubblicità diretta o indiretta di marchi di sigarette e ciò ha creato, almeno nel passato, qualche confusione. Le cose stanno cambiando. Il mondo dello sport vuole dare un’immagine pulita, senza lasciare spazio a ipocrisie di facciata, promuovendo manifestazioni e campagne contro il fumo. Molti atleti famosi si sono fatti ambasciatori di uno stile di vita “smoke-free”.
Il consiglio è di “servirsi” dell’attività fisica per smettere di fumare e in definitiva star meglio. Allontanare il tabagismo dalla propria vita è un obiettivo raggiungibile; qualche sacrificio per ottenere grandi benefici nel futuro. Sono necessari almeno sette anni di astensione dal fumo per annullare i danni polmonari prima dello sviluppo dell’enfisema.
Il fumo non deve essere di casa nel mondo dello sport. Pensiamo alla vecchia locomotiva a vapore e alla motrice di un moderno treno, tipo Freccia rossa. La prima fuma ma corre poco, la seconda non fuma ma corre anche tanto.
Bari 15/01/2013

Pronto il nuovo profilo del Serial Killer. Al primo posto gli amministratori delegati

Manager, avvocati e chi lavora in radio e tv sono ai primi tre posti della classifica dei professionisti a più alto rischio psicotico. Seguono i venditori, i chirurghi, i giornalisti, i religiosi, gli chef, i poliziotti e gli impiegati pubblici. A stilare questa classifica è stato lo psicologo Kevin Dutton, dell’Università di Oxford, che ha sviluppato la lista nel suo libro ‘The Wisdow of Psychopaths: What Saints, Spies, and Serial Killers can teach us about success’.
Elaborando i dati di 5000 interviste, effettuate ai lavoratori di tutti i settori nel corso dell’indagine ‘Great British Psychopath Survey’ e servendosi di un particolare test, Duttan identificato le categorie professionali più vicine allo sviluppo di psicosi tipiche dei killer seriali. Il test proposto stabiliva un punteggio per alcune caratteristiche tipo la crudeltà, il fascino, la forza mentale, il coraggio, la consapevolezza e l’azione.
A basso rischio psicotico sono invece, sempre secondo il dott. Dutton, le badanti, le infermiere, i terapisti, gli artigiani, gli stilisti, i lavoratori del settore sociale, gli insegnanti, i designer, i medici non chirurghi e i ragionieri.
Bari 12/01/2013

Effetto paradosso del fruttosio. Meglio non usarlo nelle diete

Molti  dietologi hanno per anni considerato il fruttosio, un monosaccaride chetonico, una valida alternativa al glucosio, nei programmi di educazione alimentare finalizzati alla prevenzione del diabete, dell’obesità e dell’arteriosclerosi. Quanti di noi non hanno considerato il fruttosio, il “dolcificante non ingrassante” durante la rituale degustazione di un caffè espresso al bar. Adesso certe certezze sono seriamente messe in discussione. L’analisi dei dati di un recente studio della Yale University School of Medicine ha dimostrato che gli alimenti contenenti fruttosio in gran quantità favoriscono l’aumento di peso. La ricerca, riportata da My Health News Daily, ha visto coinvolte venti persone, con peso normale, che si sono sottoposte a risonanza magnetica prima e dopo l’assunzione di bevande ricche di fruttosio. Il gruppo che aveva consumato fruttosio presentava una diminuzione dell’attività nell’ipotalamo sede nell’encefalo della regolazione dell’appetito. Il fruttosio altera la risposta del nostro organismo alla leptina, ormone che come un interruttore, è responsabile del ritardo allo spegnersi dello stimolo della fame. Questa funzione è mediata, come dimostrato sulle cavie in laboratorio, da un aumento del valore ematico dei trigliceridi secondario all’eccesso di assunzione di fruttosio.
Risultato il fruttosio inganna il cervello, si ha più fame, si mangia di più e s’ingrassa.

Bari 8/01/2013

Bimbo che piange o bimbo che non piange. Questo è il problema

Lasciare il bebè piangere nella culla, quando si risveglia specie nel cuore della notte, o prenderlo in braccio per cullarlo e farlo riaddormentare? E’ questo il dilemma di ogni neo-genitore, specialmente se, per la coppia, si tratta di prima esperienza. Un recente studio degli psicologi della Temple University (Usa) guidati da Marsha Weinraub, pubblicato su ‘Developmental Psychology’, sostiene che, nella maggior parte dei casi, è meglio lasciare i bambini in culla e farli riaddormentare da soli.
Sono stati esaminati i comportamenti di risveglio notturno in un gruppo di 1.200 piccoli fra i sei e i trentasei mesi. Lo studio ha dimostrato che anche i bambini, proprio come gli adulti, si svegliano ogni ora e mezza-due e poi si riaddormentano, ma solo alcuni di loro piangono in questo momento di passaggio. Gli studiosi hanno chiesto ai genitori di riferire dettagli sul risveglio dei loro figli di 6, 15, 24 e 36 mesi. Si è scoperto che, dai sei mesi di età, il 66% dei piccoli non si risveglia o lo fa solo una volta a settimana. Mentre il 33% si sveglia almeno sette notti alla settimana a sei mesi, scendendo a due notti a 15 mesi e a una notte alla settimana a 24 mesi di età.
I bambini maschi e di temperamento irritabile, dormono maggiormente in modo irregolare e hanno più probabilità di essere allattati al seno. Le madri, pur più spesso depresse, presentano una maggiore sensibilità.
I risultati suggeriscono alcuni elementi importanti, dice la dott.ssa Weinraub. Il primo è che i fattori genetici che possono influire sul temperamento appaiono implicati anche nelle problematiche del sonno. Il secondo è l’importanza per i bambini di imparare ad addormentarsi da soli. Il terzo è evitare che le madri entrano in sintonia con questi risvegli notturni. Se il bambino ha l’abitudine di addormentarsi durante l’allattamento non sarà in grado di auto-tranquillizzarsi e riaddormentarsi autonomamente.
Per la ricercatrice, infine, dovrebbe essere indagato meglio il collegamento fra la depressione materna e i risvegli del bimbo. Da un lato, infatti, è possibile che le madri siano già depresse durante la gravidanza e che questo ‘male di vivere’ prenatale incida sullo sviluppo neurale e sui risvegli del piccolo. Al contrario, è importante riconoscere che la privazione del sonno può, naturalmente, aggravare la depressione materna. “Il miglior consiglio – conclude la psicologa – è quello di mettere i bambini a letto sempre alla stessa ora, ogni notte, permettendo loro di addormentarsi da soli e resistendo alla tentazione di rispondere subito al risveglio”.
In conclusione sonni notturni compromessi per i neo genitori, prevalentemente nei primi sei mesi di vita del bambino e madri più depresse. Allora meglio lasciare piangere il bambino che si sveglia la notte e abituarlo a “andare a dormire dopo carosello”.
Bari 5 gennaio 2013