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Pasti in ospedale: spesa alta gradimento basso

Oltre un miliardo di euro l’anno è quanto spendiamo per assicurare i pasti in ospedale. Il numero delle giornate di degenza, stimate dal rapporto del Ministero della Salute sulle attività concernenti i ricoveri nel 2010, è stato di 70,7 milioni a fronte di 11 milioni di ricoverati, con una spesa giornaliera media a ricoverato di 15 euro. Alto costo totale ma si registra un basso gradimento. La maggioranza dei ricoverati in Italia riceve, durante le giornate di degenza, pietanze standard poco appetibili e non sempre servite con le dovute accortezze. Anche l’orario di distribuzione è sotto accusa: esami e visite non sono programmati con la distribuzione del vitto. I cibi sono sostanzialmente bocciati da un ricoverato su tre e, in questi tempi di crisi, sembra quasi una beffa che il 40% dei pasti finisca nella spazzatura. Allo spreco di risorse economiche si associa aumentato rischio di malnutrizione.
Pochi sono gli ospedali di eccellenza, dove i ricoverati sono seguiti da team nutrizionali che approntano diete personalizzate per gusti e patologie. Nel sud sono spesso i familiari che provvedono, contro il parere dei medici, a rifornire di nascosto e nei modi più insoliti, i parenti ricoverati con cibi gustosi ma certamente non compatibili con le patologie responsabili della degenza. Dolciumi, prelibatezze, sale, tutto sicuramente dannoso, sono conservati nei comodini e negli armadietti e consumati durante gli orari di visita parenti o la notte quando l’assistenza e le norme di controllo sono ridotte. Sono dati non scritti ma provenienti da esperienza diretta. Per chi boccia il cibo, in modo particolare, gli anziani non riforniti dall’esterno e con gravi patologie, scatta il pericolo della malnutrizione. E’ necessaria una maggiore attenzione per l’alimentazione.
Il problema era stato già avvertito nel 2010 dalla Conferenza Stato-Regioni che approvò “le linee d’indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera e assistenziale”. E’ stato predisposto un prontuario dietetico, articolato su due settimane, con alternanza stagionale, che preferisse prodotti locali, con cibi particolari in ricorrenza delle festività, con variabilità per le intolleranze alimentari, bilanciamento degli elementi nutrizionali, diete specifiche per le patologie, sino a quelle “ad personam” per le patologie più complesse. Tutto nel rispetto delle abitudini alimentari e degli orari dei pasti. Obiettivo era sconfiggere la malnutrizione, razionalizzare la gestione alimentare in ospedale e, in definitiva, migliorare il rapporto con il cibo dei pazienti ricoverati.
La crisi economica non ha permesso la completa realizzazione del piano su tutto il territorio nazionale e i risultati positivi ancora non si vedono. E’ arrivato il momento che gli enti del Servizio Sanitario pubblico applicano le linee guida già preparate nel 2010. Razionalizzare il sistema, migliorare il servizio aumentando la qualità del vitto, formare il personale addetto alla nutrizione e alla distribuzione, vigilare sulle gare di appalto, monitorare le degenze, basti pensare alle giornate che precedono un’operazione chirurgica in cui il paziente è tenuto a digiuno, sono le strategie risolutive per evitare gli sprechi, ridurre i costi e migliorare la qualità. La speranza è che quando il medico chiede al paziente ricoverato com’è stato il vitto si senta rispondere: ottimo e abbondante.
Bari 27 novembre 2012

La medicina difensiva anche nella pratica clinica cardiologica

Il forte aumento del contenzioso medico-legale, registrato nell’ultimo decennio, induce sempre più frequentemente i Medici a un iper-prescrizione di accertamenti clinico – strumentali finalizzati alla propria difesa legale piuttosto che alla tutela della salute del paziente. Oltre il 2/3 degli specialisti ammette di ricorrere alla medicina difensiva per timore di denunce con conseguente inappropriatezza delle prescrizioni, con conseguenti implicazioni economiche, sociali ed etiche. Le branche specialistiche dove tale fenomeno è più evidente sono l’ortopedia e la ginecologia. In questo periodo i media hanno pubblicizzato eventi riguardanti specialità che sembravano essere lontane da tale problematica, come l’oncologia e la cardiologia per, la gravità stessa delle patologie. Dimissioni ospedaliere precoci per la cardiologia, dosaggi di chemioterapici per l’oncologia. I medici sono in attesa di specifiche norme che tutelino gli interessi, professionali ed etici. Importante è il rispetto delle linee guida delle società scientifiche e di protocolli interni di cui dovrebbero dotarsi le Aziende Ospedaliere.
Tuttavia le linee guida rappresentano binari rigidi che spesso poco si adattano al singolo caso. Ogni atto medico presenta, pur nella globalità, caratteristiche specifiche e problematicità che solo l’esperienza e la professionalità dell’operatore permettono di affrontare e risolvere. Necessaria una maggiore flessibilità decisionale per meglio garantire la personalizzazione del trattamento.
Scopo della pratica di atteggiamenti difensivi, da parte del medico nei confronti del paziente, è quello di evitare richieste di risarcimento per cause di sospetta negligenza. I comportamenti di tipo attivo e/o passivo volti in tal senso, hanno determinato, nell’ultimo decennio, una crescita forte dei costi assicurativi e della spesa sanitaria. Quest’ultima è aumentata oltre che per l’aumento delle prescrizioni di ricovero e di esami specialistici e strumentali anche per l’aumento delle prescrizioni a scopo “difensivo” di farmaci sempre più costosi, anche in ambito cardiologico. Nell’ultimo anno si è stimato che tale porzione di spesa sanitaria nazionale abbia così raggiunto i 13 miliardi di euro, rappresentando pertanto un argomento di particolare interesse in funzione della spending review necessaria al superamento dell’attuale crisi economica. In cardiologia la medicina difensiva occupa sempre maggiori spazi per i giudizi d’idoneità, lavoro, sport e permessi di guida. La continua richiesta di consulenze cardiologiche, associate a indagini diagnostiche sempre più complicate e costose, diventa routine per gli interventi chirurgici. Si allungano così i tempi di degenza e di esecuzione di un atto chirurgico che potrebbe essere fondamentale per la quantità e qualità di vita del paziente. Oltre l’applicazione di “linee guida” è necessario il rispetto dei principi deontologici che regolano il rapporto medico-paziente. Rinnovamento dei programmi di formazione psicologica, filosofica e storica del medico, maggiore e più efficace comunicazione medico paziente, meno burocrazia ma soprattutto umanizzazione delle cure e dei percorsi diagnostici, rappresenteranno le sfide per una nuova e moderna ridefinizione dell’atto medico.
Bari 24 Novembre 2012

Cuore e ragione. A passeggio mano nella mano

Camminare fa bene al cuore. Questo è un postulato ormai acquisito, ma poco conosciuti sono i vantaggi che una corretta passeggiata determina sul sistema nervoso in generale e sulla mente in particolare. Non una passeggiata occasionale, ma un esercizio giornaliero, o per tre vote la settimana, continuo, di buon passo e della durata di trenta minuti, per circa 3 Km al giorno.  Lo slogan dei 10.000 passi giornalieri è utile per migliorare il nostro stile di vita. Gli adattamenti cardiovascolari sono importanti e fondamentali. Si osserva riduzione della frequenza cardiaca, maggiore contrattilità cardiaca con miglioramento della funzione di pompa, riduzione della pressione arteriosa. La migliorata ossigenazione permette un miglior funzionamento di organi e apparati, un’accelerazione dei metabolismi e uno scioglimento del tessuto adiposo in eccesso se l’attività motoria è associata a un corretto stile alimentare.  Affinché la camminata sia efficace, è necessario un incremento graduale del percorso, dai 3 Km in su, con una velocità compresa tra gli otto e i dodici minuti al chilometro, secondo le capacità di ciascuno. Un sistema pratico è verificare se è possibile chiacchierare, senza affanno, con un eventuale accompagnatore.
La mente si libera da ansie preoccupazioni, con conseguente miglioramento dell’umore se la passeggiata è associata alla possibilità di godere un bel paesaggio. Meglio camminare in un giardino, tra i sentieri di un bosco, in riva a mare, nelle vie di un centro storico chiuso al traffico. La tensione cede il passo al rilassamento. Un esercizio fisico positivo stimola il sistema nervoso autonomo. Sono prodotti mediatori chimici, serotonina, dopamina, endorfina, che creano la sensazione del benessere. Diminuisce la produzione di adrenalina e noradrenalina e quindi minore tensione. La camminata rappresenta un “fisiologico ansiolitico”, che non costa, non ha effetti negativi e non da assuefazione. Camminata e corsa, mettendo in sintonia cuore e ragione, portano al miglioramento dell’umore, a una maggiore vivacità mentale con più spazio alla fantasia, alla meditazione e alla creatività. Anche il sonno notturno migliora e permette un salutare riposo. Il risveglio sarà più piacevole Il risultato finale sarà maggiore concentrazione e memoria.
Il consiglio pratico è associare alla camminata riduzione dell’apporto alimentare con una maggiore cura nella scelta degli alimenti, non fumare, evitare gli alcolici, passeggiare, magari in buona compagnia, ammirando un cielo stellato, lontani dal traffico automobilistico e da gas di scarico.
Cantare scarica la tensione, ma se siamo stonati, camminiamo.

Bari 22 novembre 2012

Un nuovo fattore di rischio coronarico: l’insoddisfazione sessuale nelle donne

Essere sessualmente insoddisfatte determina un aumento delle malattie cardiovascolari nelle donne. E’ quanto è emerso a Lecce, il 16 novembre, durante il X Congresso Nazionale della Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità. Mentre è facile definire la disfunzione erettile nell’uomo, ormai accettata come spia di un processo aterosclerotico vascolare, le alterazioni del comportamento sessuale femminile passano per una serie di “domini”, il cui insieme coinvolge un sistema complesso. Desiderio, eccitazione orgasmo e dolore sono gli ingredienti che nella donna generano la soddisfazione o l’insoddisfazione sessuale. Fattori fisici, ormonali, psicologici si mescolano per creare quell’armonia sessuale tanto importante sia prima, sia dopo la menopausa. L’insoddisfazione sessuale femminile espone a un maggiore rischio di sviluppare patologie cardiovascolari. Il disagio psicologico crea ansia e depressione. Aumenta la produzione dei mediatori chimici, adrenalina e noradrenalina, con comparsa di tachicardia e ipertensione arteriosa. La diminuita produzione di endorfine determina minore sensazione di benessere. L’insoddisfazione sessuale attiva meccanismi di compenso, per esempio maggiore assunzione di cibo, svogliatezza, pigrizia, con conseguente minore attività fisica. Questi adattamenti rappresentano sicuri corridoi di lancio per diabete, obesità, ipercolesterolemia.
Uno strumento utile per analizzare i domini del piacere e il loro grado di soddisfazione nella donna è offerto da un questionario scientifico con diciannove domande che i medici del territorio potrebbero proporre alle loro pazienti. L’analisi di questi dati, vera ricerca epidemiologica e osservazionale, potrebbe fornire le evidenze scientifiche idonee a validare questo nuovo fattore di rischio cardiovascolare; un altro tassello da associare alle carte del rischio coronarico. La correzione di questa nuova variabile nella donna non avrebbe bisogno d’interventi farmacologici e quindi non porterebbe aggravi al capitolo della spesa farmaceutica a carico del Servizio Sanitario Nazionale, ma al contrario, determinerebbe un efficace risparmio, grazie all’effetto di prevenzione di patologie ad alto impatto economico sulla collettività. E’ proprio il caso di affermare che il benessere sessuale allunga la vita.
Bari 20 novembre 2012

L’attività fisica che fa più bene al cuore

L’esercizio statico, prevalentemente anaerobico, praticato spesso in debito di ossigeno, produce un effetto negativo sul cuore e sull’apparato circolatorio, a causa della grande quantità di acido lattico sviluppato. Tale esercizio, in genere, è svolto con intensità molto elevata e per pochi minuti al massimo, per esempio il sollevamento pesi, il lancio del disco o del martello, la parte finale delle gare di velocità, dai cento ai quattrocento metri di corsa. In questi casi  spesso vediamo gli atleti, al termine della gara, buttarsi a terra avendo corso quasi in apnea gli ultimi metri.
Al contrario l’esercizio aerobico, dinamico, tipico degli sport di fondo o resistenza, come nuoto, corsa (oltre i 5000 metri), bicicletta, triathlon, è benefico per il cuore perché “lo allena”. Lo sforzo crea adattamenti sull’apparato cardiovascolare e muscolare; tali adattamenti consentono al cuore, nel corso di un progressivo allenamento, di lavorare, a parità di intensità dell’esercizio fisico, sempre di meno…..

Un corretto e progressivo allenamento consente di svolgere l’esercizio con minor consumo di ossigeno e di percepire meno la sensazione della fatica. Frequenza cardiaca e pressione arteriosa diminuiscono, la contrattilità del cuore aumenta. Sono questi gli stessi concetti applicati nella riabilitazione dei pazienti convalescenti per un infarto del miocardio.
Moltissimi sport, calcio, tennis, pallavolo, prevedono l’alternanza di sforzi anaerobici e aerobici a seconda della fase di gioco. In questi casi la reattività dell’apparato cardiocircolatorio dipende dalla prevalenza dell’esercizio aerobico o anaerobico e dai ritmi dell’allenamento. Lo sport è un “farmaco” e, come tutti i farmaci, va opportunamente dosato, prescritto e somministrato.