Tutti gli articoli di Riccardo Guglielmi

Dieci comandamenti come regole di vita, dieci proposte per dare vita al nostro Sistema sanitario

Il Servizio sanitario nazionale, da anni alle prese con tagli, sprechi e medicina difensiva rischia di morire per anemia e malnutrizione.  Si calcola che solo il boom di pratiche diagnostiche e terapeutiche disposte dai medici per tutelarsi dal rischio di un contenzioso medico legale, comporti una spesa annuale di circa 14 miliardi di euro.
In Italia negli ultimi anni vi è stato un incremento delle richieste di risarcimento totalmente ingiustificato. Queste sono le premesse che portano a conseguenze gravi anche in presenza di un comportamento medico corretto. I medici si trovano quindi a operare in condizioni molto stressanti, a loro volta causa di un aumento dei rischi e della possibilità di errore. Questo è il quotidiano teatro operativo del medico, terreno ideale per far germogliare, coltivare e produrre la medicina difensiva il cui risultato finale è il costo enorme per la collettività.
Come da fonte sindacale Cimo Asmd, il 95% delle richieste di risarcimento finisce in tribunale. Oltre il 70% dei medici è comunque prosciolto o assolto, ma i processi durano anni, creando grave danno psicologico ed economico a carico degli interessati. Sono necessarie inderogabili e radicali riforme del sistema, altrimenti gli operatori sanitari continueranno ad agire, specialmente in ambito chirurgico, con l’esclusivo interesse di evitare il contenzioso e non quello della salute del paziente.  Richiesta di esami inappropriati, allungamento dei tempi e delle procedure, frammentarietà della responsabilità e coinvolgimento di più operatori sono le strategie più usate in tema di medicina difensiva. A nulla servono interventi palliativi. Senza le necessarie misure alto sarà il rischio di paralisi del Sistema sanitario.
Quando sono vani gli appelli, quando la ragione non trova lo spazio necessario per rendere visibili le problematiche, forse dobbiamo chiedere aiuto alla storia e al nostro vissuto. Non vogliamo piangerci addosso, ma desideriamo proporre modalità operative. Pensiamo alle Tavole di Mosè. Dieci comandamenti come regole di vita, dieci proposte per dare vita al nostro Sistema sanitario.
La soluzione del problema passa per questi 10 proposte: 1) Depenalizzazione dell’atto medico; 2) Applicazione del concetto di lite temeraria, con diritto di rivalsa nei confronti di coloro che intentano cause strumentalmente senza alcun fondamento clinico; 3) Inversione dell’onere della prova nelle cause civili; 4) Percorsi extragiudiziali per la risoluzione del contenzioso, con automatica remissione della querela in presenza di un accordo risolutivo; 5) Albi dei periti costituiti con criteri stringenti che certifichino la professionalità di chi indiscutibilmente contribuisce al formarsi del giudizio; 6) Introduzione del concetto di alea terapeutica (quando ad esempio vi siano effetti avversi non prevedibili dovuti all’uso di un farmaco, o rischi insiti e ineliminabili in una procedura); 7) Copertura assicurativa e/o gestione diretta del sinistro da parte della struttura, identificando un fondo regionale finanziato anche con i risparmi derivanti dalla riduzione della medicina difensiva; 8) Riduzione a 5 anni dei termini di prescrizione; 9) Tetto ai risarcimenti; 10) Obbligo dell’introduzione nelle aziende sanitarie di una vera prevenzione del rischio.
Al di là dalle proposte sindacali è necessario che i nuovi legislatori producano la normativa che aiuti a colmare definitivamente il deficit legislativo.
A qualcuno potrebbero sembrare queste proposte eccessivamente favorevoli ai camici bianchi. Ogni sanitario e in particolare il medico del Servizio sanitario pubblico, è deontologicamente obbligato a intervenire e a trattare il paziente anche nei casi più gravi e complessi. Affrontare queste emergenze in perenne stato di allarme non fa altro che aumentare i rischi comunque insiti in qualsiasi trattamento. Facciamo lavorare con tranquillità il medico e il primo a riceverne un vantaggio sarà il paziente.

Bari 10 maggio 2013

Attività fisica. Sicuro successo nell’anziano, investimento a lungo termine per la comunità.

Un gruppo di ricercatori americani coordinati dal prof. Patel dell’Università dell’Alabama (USA) ha dimostrato nel Cardiovascolar Health Study (CHS), recentemente pubblicato sulla rivista Int. Journal Cardiology, minore incidenza d’infarto del miocardio, minore mortalità per patologie cerebro-cardiovascolari e soprattutto minore comparsa d’insufficienza cardiaca (HF) nei 5.503 partecipanti allo studio, praticanti attività motoria a qualsiasi livello. I soggetti di età media di 73 ± 6 anni (58% donne e 15% afro-americani) non presentavano, al momento dell’arruolamento, segni di HF. Il campione è stato suddiviso, nei 13 anni di follow-up, in quattro gruppi secondo l’attività fisica effettuata e misurata secondo il consumo dei MET (Metabolic Equivalent Task). L’indice MET o equivalente metabolico corrisponde all’energia spesa al minuto da un soggetto del peso di 70 kg tranquillamente seduto, cioè un consumo di 3.5 ml di ossigeno per Kg di peso corporeo per minuto.
Tutti i livelli di attività fisica avevano una significativa associazione indipendente con basso rischio d’infarto acuto del miocardio e di mortalità cerebro-cardiovascolari. Si osservava anche meno insufficienza cardiaca (HF) nei soggetti anziani che svolgevano attività fisica più intensa. Episodi di HF si sono verificati nel 26%, 23%, 20% e il 19% dei partecipanti, rispettivamente senza, bassa attività fisica, media e alta. L’esercizio fisico preveniva infarti e stroke indipendentemente dall’intensità, mentre la riduzione dell’insufficienza cardiaca era subordinata alla maggiore intensità dell’attività motoria. I dati sono stati confrontati con gli anziani inattivi e corretti per età, sesso e razza.
L’analisi di questi dati permette altre considerazioni. L’insufficienza cardiaca rappresenta l’epilogo naturale della maggior parte delle cardiopatie, ischemiche, ipertensive o primitive. Alti sono i costi sociali per i trattamenti terapeutici e le frequenti ospedalizzazioni, bassa è la qualità di vita di questi pazienti. Considerati i risultati del Cardiovascolar Health Study, visto l’aumento costante della popolazione anziana nei paesi occidentali, investire oggi nell’implementazione dell’esercizio fisico negli ultra sessantacinquenni, dal livello ludico-ricreativo a quello riabilitativo, determinerà un efficace risparmio nei capitoli della spesa per l’assistenza e per la previdenziale dei prossimi anni.
Fonte: Int J Cardiol. 2013: S0167-5273(12)01682-8.
Bari  6 aprile 2013

Ama il cuore tuo e il cancro sarà meno probabile

Rischio di cancro ridotto del 50% per chi ha a cuore il proprio cuore. Questo è il risultato definitivo dello studio ARIC (Atherosclerosis Risk in Communities), pubblicato sulla prestigiosa rivista Circulation, che ha valutato se l’aderenza ai livelli ideali dei sette parametri di salute cardiovascolare dell’AHA, American Heart Association, sia inversamente proporzionale all’incidenza di tumori. I sette parametri che l’AHA ha identificato come marcatori di benessere cardiovascolare sono: l’assenza di abitudine al fumo, l’indice di massa corporea normale, l’attività fisica regolare, un regime alimentare appropriato, valori regolari di pressione arteriosa, di glicemia e di colesterolo totale.
Lo studio ha visto coinvolti 3.253 partecipanti seguiti in un follow up di 17 – 19 anni. L’incidenza del cancro (esclusi i tumori della pelle non-melanoma) dal 1987 al 2006 è stata estrapolata utilizzando il registro dei tumori e di sorveglianza in ospedale. Sono stati verificati 2.880 casi di cancro durante il follow-up, con una rilevante e graduale associazione inversa tra il numero di parametri ideali per la salute cardiovascolare al basale e l’incidenza del cancro. I soggetti che aderivano a 6 o 7 parametri ideali di salute cardiovascolare (2,7% della popolazione) avevano un rischio del 51% più basso d’incidenza di cancro rispetto a chi non aderiva ad alcun parametro; l’associazione è stata attenuata per i soggetti che aderivano a 5 parametri di salute e che presentavano un rischio di cancro del 25% inferiore rispetto ai soggetti che non presentavano alcun parametro.  Allora occhio sempre ai fattori di rischio cardiovascolare nella lotta alle neoplasie. Meno infarti, meno tumori, più anni alla vita.
Bari 1 aprile 2013

Profumo all’olio d’olivo nella lotta al sovrappeso

Bari, 25 marzo 2013
Chi usa olio d’oliva ha meno fame. Questa è la conclusione di uno studio della Technische Universität di Monaco di Baviera (TUM) e dall’Università di Vienna coordinato da Peter Schieberle. Cibi trattatati con quattro diversi grassi, strutto, burro, olio di colza e d’oliva, hanno determinato diverse risposte metaboliche e modificato il senso della fame. I ricercatori hanno scoperto che nel “cuore chimico” di alcuni grassi esistono alcuni elementi che danno un maggior senso di sazietà. Per capire quali hanno, prima di tutto, condotto un esperimento con un gruppo di volontari ai quali, per tre mesi, è stato somministrato uno yogurt speciale ogni giorno, arricchito con i quattro diversi grassi. Alla fine dell’esperimento l’olio d’oliva ha dimostrato di determinare il maggiore effetto rispetto agli altri grassi in termini di riduzione del senso di sazietà. Maggiore concentrazione ematica di serotonina, il mediatore chimico responsabile dell’effetto sazietà, è stata riscontrata nei soggetti che assumevano lo yogurt arricchito con l’olio d’oliva…..

Oltre al maggiore senso di appagamento nessun aumento della percentuale di grasso corporeo o del peso è stata rilevata. Poiché l’unico elemento che differenzia totalmente l’olio di oliva è l’aroma, il segreto potrebbe essere nel suo profumo. I ricercatori ritengono che l’ingrediente chiave sia l’esanale, un composto appartenente alla classe delle aldeidi, responsabile del tipico aroma del nostro amato olio. L’esanale, usato nell’industria profumiera per produrre essenze fruttate, nell’organismo aiuta a ridurre e ritardare l’assorbimento di glucosio da parte delle cellule del fegato, rallentando il calo glicemico responsabile di un nuovo segnale di fame. Questo studio spiega perché chi consuma cibi-light spesso sente più fame e compensa questa “leggerezza” mangiando di più.

A.M.A. Cuore di Bari al Congresso di Cardiologia del territorio 2013

La Cardiologia territoriale: prevenzione e cura delle malattie cardiovascolari
Riccardo Guglielmi relatore e inviato

Nuove proposte terapeutiche e modelli organizzativi più efficaci sono stati discussi il 22 e il 23 febbraio, presso l’auditorio del Comando Vigili Urbani di Bari, dai più qualificati cardiologi nazionali, universitari, ospedalieri e del territorio, nell’ambito del congresso “La Cardiologia territoriale: prevenzione e cura delle malattie cardiovascolari” organizzato dalla dott.ssa Annamaria De Giosadell’ASL BA, con il patrocinio dell’Ordine dei Medici di Bari, dell’associazione scientifica nazionale A.N.C.E. e dell’Associazione Italiana Donne Medico.

Scompenso cardiaco, fibrillazione atriale, ipertensione arteriosa, effetti di terapie oncologiche, gestione del cardiopatico cronico complesso, sono stati i principali argomenti affidati, nella prima giornata del congresso, agli ultraspecialisti del settore, i prof.ri  Di Lenarda, Gaglione, Guarini, Tavazzi. I temi trattati sono stati oggetto di confronto, in una tavola rotonda, condotta dal giornalista Gustavo Del Gado alla quale ha partecipato anche il volontariato particolarmente impegnato nella gestione della cronicità cardiologica attraverso l’associazione A.M.A. Cuore di Bari. Esposte, senza ipocrisia di facciata, le criticità organizzative a fronte di un riconoscimento attribuito ai cardiologi del territorio e ai medici di famiglia, di voler offrire assistenza e cure migliori ai pazienti cardiopatici e favorire l’integrazione ospedale/territorio.

Nella seconda giornata sono emerse, nella sezione riguardante la cardiologia forense, le problematiche attuali, relative alla responsabilità professionale e alla medicina difensiva, il cui impatto sulla spesa sanitaria nazionale annua supera i 10 miliardi di euro. Nel confronto interattivo con i partecipanti sono state avanzate dal relatore Riccardo Guglielmi, le soluzioni per il contenimento dei costi, la sicurezza dei pazienti e la serenità operativa dei medici. Le problematiche psicologiche, l’attività motoria, l’alimentazione, le dislipidemie, le patologie otoiatriche e gastroenterologiche correlate, sono stati gli argomenti di confronto tra cardiologi, specialisti del settore e medici di famiglia (Accettura, Bellini, Bruzzese, De Pergola, De Benedittis, Iannuzziello, Mascolo, Mastromarino, Saliani).

Evidenziato il ruolo del Care manager, una nuova figura professionale, nell’ultima, ma non per importanza, relazione pertinente la gestione infermieristica (Caramuscio), anche domiciliare, della cardiopatia cronica. Le richieste rivolte alla parte amministrativa riguardano la formazione, l’ammodernamento delle diagnostiche, la maggiore comunicazione tra i medici e gli utenti, il tutto per far emergere le potenzialità professionali presenti nel settore extraospedaliero e offrire cure di qualità.
La cardiologia del territorio ha dimostrato di essere l’interfaccia tra la realtà ospedaliera e il mondo della medicina di base e si candida a essere l’anello di unione e di comunicazione tra gli specialisti, i pazienti e le loro famiglie. Al cardiologo del territorio il cardiopatico chiede la soluzione alle numerose problematiche, mediche e psicologiche del ritorno a casa dopo una degenza ospedaliera.