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Intestino e Parkinson

Una nuova speranza per tante persone

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<<L’OSPITE>> La copertina

Giuseppe Santoro, medico e scrittore, nel suo libro autobiografico,

Ospite 1

afferma che il morbo di Parkinson è “L’ospite” che entra nel corpo e tenta d’impossessarlo.  Una nuova speranza giunge a chi ospita questa malattia da uno studio dell’Università del Lussemburgo, pubblicato su Movement Disorders, che dimostra come, studiando la flora intestinale si può arrivare a una diagnosi più precoce.  I ricercatori hanno osservato che negli stadi iniziali della malattia neurodegenerativa, i pazienti mostrano un’evidente alterazione del microbioma, la composizione batterica dell’intestino. Il risultato è emerso dall’analisi del microbioma di tre gruppi di persone, 76 con malattia di Parkinson, 78 in salute e 21 con una diagnosi di Rapid-Eye-Movement Sleep Behaviour Disorder (Rbd), un disturbo comportamentale del sonno che è associato al rischio di sviluppare la malattia di Parkinson.

Ebbene, nei tre casi la composizione del microbioma mostrava differenze sostanziali. Tanto che, dall’analisi dei batteri dell’intestino, gli scienziati erano in grado di distinguere in maniera affidabile le persone con la malattia degenerativa da quelle in salute. Inoltre, il microbioma dei pazienti con Parkinson mostrava caratteristiche simili a quello dei pazienti con Rbd.

Alcuni batteri rinvenuti nel gruppo dei malati di Parkinson hanno, infine, una riconosciuta associazione con la depressione, uno dei sintomi non motorii della malattia.

Lo studio dell’Università del Lussemburgo sembrerebbe fornire conferme a una delle ipotesi sull’origine del Parkinson, secondo la quale il grilletto che fa scattare la patologia si troverebbe nell’intestino: un patogeno finora sconosciuto introdottosi nel tratto intestinale innescherebbe un processo noto come misfolding, ripiegamento scorretto delle proteine. Nel caso specifico la proteina in questione è l’alfa-sinecluina, ritenuta responsabile della formazione dei «corpi di Lewy», gli aggregati proteici anomali che nei malati di Parkinson danneggiano i neuroni dopaminergici lasciandone intatto solo il 20%.

La ricerca è importante per la diagnosi precoce e futuri.

48 articolo http://www.corrierenazionale.net/2017/09/04/intestino-e-parkinson/

 

Il medico che sfidò il Parkinson

Giuseppe Santoro, una storia oltre il tunnel del terribile morbo. Martedì 14 alla libreria <<Roma>>

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Uscire dal tunnel del Parkinson è possibile. Viaggio iniziatico dalla disperazione alla rinascita

Martedì 14 marzo, alle ore 18, presso la Libreria Roma, Piazza Aldo Moro 13, Bari, Giuseppe Santoro, presenterà il suo libro autobiografico L’OSPITE, edizioni Del Faro, e risponderà a domande e chiarimenti. Modera l’incontro Riccardo Guglielmi, medico e giornalista.

E’ la storia vera dell’autore, cardiologo del Policlinico di Bari, da anni impegnato nella cura e nell’assistenza di persone con patologie gravi, che improvvisamente scopre di condividere il suo corpo con un inatteso ospite, il morbo di Parkinson, una malattia grave, evolutiva e invalidante. Il dualismo tra corpo e malattia si replica in quello uomo e medico. La malattia non vuole essere accettata e l’uomo mette in campo il rifiuto di quella consapevolezza che purtroppo è chiara al medico sin dall’inizio. L’uomo, entrato in un tunnel di disperazione, prova a esorcizzare il male sperando in altre patologie. Cominciano a vacillare i valori solidi, affetti, famiglia, amicizie e fede. All’amore stabile si sostituisce la ricerca compulsiva di amori virtuali che, una volta materializzati, diventano conflittuali e causa di successivo malessere. Mai verrà meno l’amore della moglie e dei due figli, “noi saremo arti e occhi”, che pur con l’orgoglio calpestato dai tradimenti, gli saranno sempre vicino e lasceranno sempre aperta quella porta che fa passare il raggio di luce che indica la direzione giusta per uscire dal tunnel.

L’immagine della copertina è la sintesi di tutta l’opera; una metonimia tra astratto e concreto. La porta d’ingresso di una casa di un borgo contadino, solida come il legno consumato dal tempo, apre nel mondo dei valori positivi, della sicurezza e della saggezza che la civiltà rurale, da cui discendiamo, continua a trasmettere ai suoi figli. Uscire dal tunnel del Parkinson è possibile. Esiste una strada che lo stesso autore scopre e con leggerezza e poesia indica ai lettori. Un viaggio iniziatico che dalla disperazione, passando per il ritrovamento di se stesso porta alla metamorfosi vincente, rinascere a nuova vita e accettare l’ospite. E la malattia stessa diventa risorsa, un esempio per tutte le persone che soffrono e chiedono aiuto.

Il libro si legge facilmente e appassiona. Il taglio leggero, la chiarezza e la poesia rendono questo testo fruibile a quanti direttamente o indirettamente sono alle prese con ospiti non graditi che se pur distruggono il corpo non dovranno mai impossessarsi dell’anima.

Ingresso libero, aperto a tutta la cittadinanza.

Pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno di venerdì 3 marzo 2017 pag. XVIII. Articolo firmato

ospite sulla Gazzetta

http://www.corrierenazionale.net/archivio/index.php/41-noi-e-la-salute/3142-l-ospite

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http://www.fly-tv.it/2017/02/24/lospite/

Le foto della serata

Ospite 3

Ospite 2

Santoro - Guglielmi
Santoro – Guglielmi

Ospite 1

Dolore -> testimonianza -> impegno giornaliero

Cervello più attivo se corri

runner

Connesso e multitasking da giovani, meno Alzheimer e Parkinson da vecchi. Ricercatori dell’Arizona evidenziano i vantaggi della corsa sulle connessioni neuronali

La corsa non fa bene solo al cuore, anche il cervello se ne avvantaggia. Scienziati americani dell’Arizona hanno dimostrato e pubblicato su Frontier Human Neuroscience, che lo sport tutto muscoli e resistenza aumenta nei giovani le connessioni cerebrali, proprio come i movimenti piccoli e accurati dei musicisti; un invito a continuare per tutti i runner e a iniziare per i più pigri. Inserire lo sport nello stile di vita aiuta a prevenire le fisiologiche défaillance mentali dell’invecchiamento e il rischio di malattie degenerative.

Le neuroscienze avevano riconosciuto alle attività contraddistinte dal controllo di movimenti accurati, piccoli e precisi, la capacità di modificare il cervello. Solo le azioni dosate e coordinate erano ritenute le uniche ad aumentare la connettività funzionale di distinte aree cerebrali e a mantenerle correlate nel tempo. L’attività motoria del golf, tennis, danza e musica, per i gesti puliti e controllati, era ritenuta più idonea allo sviluppo di capacità intellettuali. La corsa, di per sé ripetitiva e monotona, priva di virtuosismi o del minuzioso dominio di gesti piccoli, non avrebbe potuto modificare il cervello. Per il corridore è più importante quanto si corre non come si corre.  Sono stati questi paradigmi a limitare per anni la ricerca tra sport di resistenza e cervello. Lo studio di David Raichlen, antropologo ed esperto di corsa, e Gene Alexander psicologo e studioso di Alzheimer ha ribaltato queste convinzioni, dimostrando che anche l’attività sportiva basata esclusivamente su velocità e resistenza coinvolge le funzioni cognitive complesse di molte aree cerebrali, le stesse che, durante la vecchiaia, subiscono processi d’involuzione e sono più esposte a malattie neurodegenerative, Alzheimer e Parkinson.

Nello studio sono stati arruolati giovani tra i 18 e i 25 anni, simili per indice di massa corporea e livello d’istruzione, ma differenti per stile di vita. Un gruppo si allenava costantemente con corse di lunga durata, mentre l’altro non faceva alcuna attività fisica. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a risonanza magnetica cerebrale in condizioni di assoluto riposo. Nel cervello dei runner sono presenti maggiori aree di connessioni, come nella corteccia frontale, sede di funzioni cognitive e della capacità di spostare l’attenzione rapidamente da un compito a un altro. Le conclusioni sono incoraggianti, ma è troppo presto per affermare che il cervello dei corridori è più connesso e più multitasking. Questa ricerca focalizzata sui giovani ha sfatato il paradigma che la corsa è solo un’ottima ginnastica cardiovascolare. Nell’immediato futuro sarà studiato il rapporto tra l’attività fisica praticata in giovane età e il funzionamento del cervello quando si sarà più avanti negli anni. L’invito è rivolto ai sedentari: l’anno è da poco iniziato e tra i buoni propositi inseriamo l’attività motoria. Indipendentemente dagli studi ufficiali cuore e cervello diranno grazie.

Riccardo Guglielmi, pubblicista scientifico de Il Corriere Nazionale

redazione@corrierenazionale.net

Bari 24 gennaio 2017- Rubrica NOI E LA SALUTE

6 articolo http://www.corrierenazionale.net/index.php/41-noi-e-la-salute/2513-cervello-piu-attivo-se-corri

TAG: cervello, neuroscienze, corsa, Alzheimer, Parkinson