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Profumo all’olio d’olivo nella lotta al sovrappeso

Bari, 25 marzo 2013
Chi usa olio d’oliva ha meno fame. Questa è la conclusione di uno studio della Technische Universität di Monaco di Baviera (TUM) e dall’Università di Vienna coordinato da Peter Schieberle. Cibi trattatati con quattro diversi grassi, strutto, burro, olio di colza e d’oliva, hanno determinato diverse risposte metaboliche e modificato il senso della fame. I ricercatori hanno scoperto che nel “cuore chimico” di alcuni grassi esistono alcuni elementi che danno un maggior senso di sazietà. Per capire quali hanno, prima di tutto, condotto un esperimento con un gruppo di volontari ai quali, per tre mesi, è stato somministrato uno yogurt speciale ogni giorno, arricchito con i quattro diversi grassi. Alla fine dell’esperimento l’olio d’oliva ha dimostrato di determinare il maggiore effetto rispetto agli altri grassi in termini di riduzione del senso di sazietà. Maggiore concentrazione ematica di serotonina, il mediatore chimico responsabile dell’effetto sazietà, è stata riscontrata nei soggetti che assumevano lo yogurt arricchito con l’olio d’oliva…..

Oltre al maggiore senso di appagamento nessun aumento della percentuale di grasso corporeo o del peso è stata rilevata. Poiché l’unico elemento che differenzia totalmente l’olio di oliva è l’aroma, il segreto potrebbe essere nel suo profumo. I ricercatori ritengono che l’ingrediente chiave sia l’esanale, un composto appartenente alla classe delle aldeidi, responsabile del tipico aroma del nostro amato olio. L’esanale, usato nell’industria profumiera per produrre essenze fruttate, nell’organismo aiuta a ridurre e ritardare l’assorbimento di glucosio da parte delle cellule del fegato, rallentando il calo glicemico responsabile di un nuovo segnale di fame. Questo studio spiega perché chi consuma cibi-light spesso sente più fame e compensa questa “leggerezza” mangiando di più.

A.M.A. Cuore di Bari al Congresso di Cardiologia del territorio 2013

La Cardiologia territoriale: prevenzione e cura delle malattie cardiovascolari
Riccardo Guglielmi relatore e inviato

Nuove proposte terapeutiche e modelli organizzativi più efficaci sono stati discussi il 22 e il 23 febbraio, presso l’auditorio del Comando Vigili Urbani di Bari, dai più qualificati cardiologi nazionali, universitari, ospedalieri e del territorio, nell’ambito del congresso “La Cardiologia territoriale: prevenzione e cura delle malattie cardiovascolari” organizzato dalla dott.ssa Annamaria De Giosadell’ASL BA, con il patrocinio dell’Ordine dei Medici di Bari, dell’associazione scientifica nazionale A.N.C.E. e dell’Associazione Italiana Donne Medico.

Scompenso cardiaco, fibrillazione atriale, ipertensione arteriosa, effetti di terapie oncologiche, gestione del cardiopatico cronico complesso, sono stati i principali argomenti affidati, nella prima giornata del congresso, agli ultraspecialisti del settore, i prof.ri  Di Lenarda, Gaglione, Guarini, Tavazzi. I temi trattati sono stati oggetto di confronto, in una tavola rotonda, condotta dal giornalista Gustavo Del Gado alla quale ha partecipato anche il volontariato particolarmente impegnato nella gestione della cronicità cardiologica attraverso l’associazione A.M.A. Cuore di Bari. Esposte, senza ipocrisia di facciata, le criticità organizzative a fronte di un riconoscimento attribuito ai cardiologi del territorio e ai medici di famiglia, di voler offrire assistenza e cure migliori ai pazienti cardiopatici e favorire l’integrazione ospedale/territorio.

Nella seconda giornata sono emerse, nella sezione riguardante la cardiologia forense, le problematiche attuali, relative alla responsabilità professionale e alla medicina difensiva, il cui impatto sulla spesa sanitaria nazionale annua supera i 10 miliardi di euro. Nel confronto interattivo con i partecipanti sono state avanzate dal relatore Riccardo Guglielmi, le soluzioni per il contenimento dei costi, la sicurezza dei pazienti e la serenità operativa dei medici. Le problematiche psicologiche, l’attività motoria, l’alimentazione, le dislipidemie, le patologie otoiatriche e gastroenterologiche correlate, sono stati gli argomenti di confronto tra cardiologi, specialisti del settore e medici di famiglia (Accettura, Bellini, Bruzzese, De Pergola, De Benedittis, Iannuzziello, Mascolo, Mastromarino, Saliani).

Evidenziato il ruolo del Care manager, una nuova figura professionale, nell’ultima, ma non per importanza, relazione pertinente la gestione infermieristica (Caramuscio), anche domiciliare, della cardiopatia cronica. Le richieste rivolte alla parte amministrativa riguardano la formazione, l’ammodernamento delle diagnostiche, la maggiore comunicazione tra i medici e gli utenti, il tutto per far emergere le potenzialità professionali presenti nel settore extraospedaliero e offrire cure di qualità.
La cardiologia del territorio ha dimostrato di essere l’interfaccia tra la realtà ospedaliera e il mondo della medicina di base e si candida a essere l’anello di unione e di comunicazione tra gli specialisti, i pazienti e le loro famiglie. Al cardiologo del territorio il cardiopatico chiede la soluzione alle numerose problematiche, mediche e psicologiche del ritorno a casa dopo una degenza ospedaliera.

Alimentazione moderata giovinezza assicurata

Cavie sottoposte in laboratorio a un regime alimentare ridotto del 40% del contenuto calorico, rispetto al normale, presentano un miglioramento dello stato generale di salute. E’ quanto emerge da una ricerca, pubblicata recentemente su Plos One condotta dalla dott.ssa Maria Blasco, direttore del Centro nazionale di ricerca sul cancro in Spagna. I risultati dello studio dimostrano che mangiare in modo frugale aiuta anche a mantenere giovani e sani i cromosomi dei topolini dell’esperimento. I telomeri, le estremità dei cromosomi, risultano protetti da accorciamento e non subiscono il fisiologico e inesorabile processo d’invecchiamento. I topolini “a dieta” hanno presentato maggiori difese immunitarie e accresciuta capacità di respingere l’attacco di malattie legate all’invecchiamento dei tessuti come l’osteoporosi e il cancro.
E’ questo il segreto della formula dell’elisir di lunga vita? Certamente no, ma non dimentichiamo mai la nostra dieta mediterranea. La pratica clinica insegna che un’alimentazione attenta, moderata, ricca in fibre e vitamine della frutta di stagione, che predilige l’olio d’oliva, ben bilanciata nella componente lipidica, proteica e glucidica, nell’uomo determina indiscutibili vantaggi in termini di benessere generale, accrescimento delle difese immunitarie e di conseguenza minore sviluppo di malattie cardiovascolari e oncologiche.

Bari 29 gennaio 2013

Sigaretta? No grazie, preferisco correre

Molti lettori di questa rivista mi hanno chiesto di rispondere al quesito se nei fumatori l’esercizio fisico annulli i danni prodotti nell’organismo dalle sigarette. Potrei rispondere elencando una lunga serie di evidenze scientifiche riportate in letteratura, ma mi è sembrato più pratico e, spero più efficace, dare una risposta legata all’esperienza e alla pratica professionale quotidiana.  La considerazione di partenza è che i fumatori sono consapevoli di arrecare un danno al proprio corpo. Se la conoscenza di un problema è il primo passo per la sua risoluzione, il messaggio dovrà essere semplice e positivo.
Fumo e sport rappresentano due comportamenti di stili di vita inconciliabili tra loro. Sono due entità che non potranno mai formare una coppia. Fumare modifica negativamente qualsiasi performance sportiva e l’esercizio fisico non protegge dal rischio di sviluppare una neoplasia polmonare nei fumatori abituali. Lo sport vuol dire vita e l’esercizio fisico ispira libertà, bellezza e divertimento. L’esercizio fisico aiuta a raggiungere un migliore stato di benessere sia fisico sia psichico. Al contrario, il fumo di sigaretta e il consumo di tutti i prodotti a base di tabacco sono cause di malattie cardiovascolari, polmonari, tumorali e di morte. Tutti gli elementi contenuti nella sigaretta sono dannosi. I prodotti di combustione del tabacco e della carta sono cancerogeni, il monossido di carbonio crea cattiva ossigenazione del sangue, la nicotina effetti sull’apparato cardiovascolare e nervoso. Da problemi immediati, tipo affanno e fiato corto a problemi duraturi per il danno su tutti gli organi e gli apparati.  Anche la funzione sessuale è compromessa. Chi pratica attività sportiva a qualsiasi livello, agonistico o ludico, e ci tiene a farlo al massimo delle proprie capacità, non deve fumare. Il fumo, riducendo la respirazione e l’efficienza muscolare, aumentando la frequenza cardiaca, determina un minore rendimento sportivo.
Purtroppo molti eventi sportivi, vedi la Formula 1, sono anche legati a pubblicità diretta o indiretta di marchi di sigarette e ciò ha creato, almeno nel passato, qualche confusione. Le cose stanno cambiando. Il mondo dello sport vuole dare un’immagine pulita, senza lasciare spazio a ipocrisie di facciata, promuovendo manifestazioni e campagne contro il fumo. Molti atleti famosi si sono fatti ambasciatori di uno stile di vita “smoke-free”.
Il consiglio è di “servirsi” dell’attività fisica per smettere di fumare e in definitiva star meglio. Allontanare il tabagismo dalla propria vita è un obiettivo raggiungibile; qualche sacrificio per ottenere grandi benefici nel futuro. Sono necessari almeno sette anni di astensione dal fumo per annullare i danni polmonari prima dello sviluppo dell’enfisema.
Il fumo non deve essere di casa nel mondo dello sport. Pensiamo alla vecchia locomotiva a vapore e alla motrice di un moderno treno, tipo Freccia rossa. La prima fuma ma corre poco, la seconda non fuma ma corre anche tanto.
Bari 15/01/2013

Pronto il nuovo profilo del Serial Killer. Al primo posto gli amministratori delegati

Manager, avvocati e chi lavora in radio e tv sono ai primi tre posti della classifica dei professionisti a più alto rischio psicotico. Seguono i venditori, i chirurghi, i giornalisti, i religiosi, gli chef, i poliziotti e gli impiegati pubblici. A stilare questa classifica è stato lo psicologo Kevin Dutton, dell’Università di Oxford, che ha sviluppato la lista nel suo libro ‘The Wisdow of Psychopaths: What Saints, Spies, and Serial Killers can teach us about success’.
Elaborando i dati di 5000 interviste, effettuate ai lavoratori di tutti i settori nel corso dell’indagine ‘Great British Psychopath Survey’ e servendosi di un particolare test, Duttan identificato le categorie professionali più vicine allo sviluppo di psicosi tipiche dei killer seriali. Il test proposto stabiliva un punteggio per alcune caratteristiche tipo la crudeltà, il fascino, la forza mentale, il coraggio, la consapevolezza e l’azione.
A basso rischio psicotico sono invece, sempre secondo il dott. Dutton, le badanti, le infermiere, i terapisti, gli artigiani, gli stilisti, i lavoratori del settore sociale, gli insegnanti, i designer, i medici non chirurghi e i ragionieri.
Bari 12/01/2013