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Il sesso prima di una gara ….. fa bene o fa male?

Negli anni 60 attività sportiva e sesso non avevano diritto di convivenza. Herrera, il famoso allenatore dell’Inter, costringeva i suoi giocatori a rigidi ritiri, mentre la mitica Olanda di Cruiff era ritenuta la nazionale dai costumi più libertini. In quegli anni si era convinti che l’attività sessuale, in prossimità di un evento sportivo, potesse arrecare danno al fisico dell’atleta e, di conseguenza, ridurre le prestazioni . Oggi si sa che un atto sessuale normale prevede un consumo di 200/300 calorie e non è più faticoso di qualche km di corsa o del salire due rampe di scale a piedi.
L’attività sessuale a livello psicologico fa bene a chi pratica sport agonistico. Il sesso nell’ambito di una relazione stabile rilassa, mentre un rapporto occasionale, per il coinvolgimento emotivo, può essere fonte di stress. Mai come in questo caso la fedeltà fa bene. Un rapporto sessuale consumato in una coppia stabile crea le condizioni per favorire il giusto riposo necessario prima dello svolgimento della gara. La sessualità è fonte di benessere psico fisico, mentre l’astinenza che può essere nociva perché provoca ansia e stress.
Il sesso è una sorta di “doping naturale” che non ha differenze di genere, uomo-donna. Analoghi sono i meccanismi endocrini: aumento del testosterone e delle endorfine. Il primo aumenta la grinta, le seconde sono responsabili del benessere psicologico e della concentrazione.
In conclusione il rapporto sessuale, se seguito dal giusto riposo, aiuta nelle competizioni e non indebolisce il fisico dell’atleta.
Bari 13 ottobre 2013

Nello stress c’è qualcosa di buono

In questo periodo anche le cosiddette piante grasse, agave, aloe, cactus, ficodindia, generano, tra le fastidiose spine, fiori belli per la forma e per i colori. Tra i rovi nascono le more e tra le fessure delle pietre gli asparagi. La natura crea il bello e il buono in tutte le manifestazioni. Questo deve farci indurre a pensare che in qualsiasi situazione dobbiamo saper trovare ed evidenziare l’aspetto positivo. Prendiamo ad esempio lo stress. E’ una parola che associamo subito a qualcosa di spiacevole, capace di generare danni al fisico e alla psiche. Sentirci stressati, è sinonimo di star male. Tuttavia, frequentemente sperimentiamo condizioni nelle quali, pur essendo fisicamente stanchi, abbiamo la sensazione di sentirci appagati e capaci di produrre le energie necessarie ad affrontare una situazione particolarmente difficile.
In queste condizioni lo stress prende forma positiva, diventa eustress, letteralmente “stress buono”, ci fa sentire vitali e più forti, con una percezione di vita più piacevole. E’ la sensazione di benessere che proviamo quando giochiamo al nostro sport preferito, quando guardiamo un film spaventoso che però ci piace, quando restiamo alzati fino a tardi per lavorare a un progetto che desideriamo realizzare. Lo stress buono trasforma l’indecisione o la rassegnazione in entusiasmo quando affrontiamo una sfida, o lottiamo per raggiungere un obiettivo. E’ di casa negli sportivi che vogliono vincere e raggiungere traguardi sempre più ambiziosi. E’ il “carburante” indispensabile in chi pratica sport estremi o motoristici.  Lo stress positivo caccia via la tristezza e la stanchezza fisica proprio nel momento che la vita ci sembra vuota e priva di significato; riesce a mantenerci felici e sani. All’aspetto psicologico corrisponde un coinvolgimento bio-umorale del sistema nervoso vegetativo e di alcune aree dell’encefalo, il talamo e l’ipotalamo. Tutte le sensazioni esterne, anche quelle negative, raggiungono l’area dell’encefalo chiamata talamo e si scaricano nella sede sottostante l’ipotalamo. In questo laboratorio si creano i mediatori chimici che mandano messaggi al sistema endocrino, dall’ipofisi alla tiroide, alle ghiandole surrenali e sessuali. Una serie di ormoni stimolanti, tiroxina, cortisolo, adrenalina, testosterone, invade il torrente circolatorio dando sensazione di benessere psicologico e muscolare. Anche il sistema nervoso vegetativo produce mediatori chimici, adrenalina, noradrenalina, serotonina e acetilcolina che, come l’acceleratore e il freno di un’automobile, regolano gli adattamenti cardiocircolatori, nervosi e muscolari. Le endorfine, prodotte non solo nel cervello, ma anche nei tessuti periferici, creano benessere e cacciano la fatica muscolare.
L’evento da solo non genera eustress o distress, stress negativo. Siamo noi, con il nostro atteggiamento, a decidere la percezione e la strategia per affrontarlo. L’assegnazione di un nuovo incarico o di un semplice compito in ambito lavorativo può essere vista, come una sfida stimolante o una minaccia di cambiamento di vita. La sfida elettrizzante produrrà eustress, la minaccia distress. Il consiglio è pensare sempre positivo. Ogni situazione nuova deve essere vista già in partenza come qualcosa che ci fa uscire dalla routine delle abitudini di vita e del nostro solito lavoro.
La soluzione: confidare sempre nelle proprie capacità, trovare soluzioni ai problemi e accrescere l’autostima.
L’esercizio fisico, la serenità sessuale, la sana alimentazione, la percezione della bellezza in ciò che ci circonda, la capacità di essere solidali, di amare ed essere amati, producono quei mediatori chimici, in primis le endorfine, che creano forza e vigore al corpo, benessere alla mente. Ricerchiamo in ogni cosa il lato positivo,  aumenterà l’autostima.

Bari 5 giugno 2013

Scoperta la proteina “Cocoon” che ringiovanisce il cuore. Tempi duri per i chirurghi

Non dobbiamo dire grazie agli alieni buoni di un famoso film di Ron Howard, ma a un giovane ricercatore italiano, Francesco Loffredo, in servizio presso l’Harvard Stem Cell Institute, se è stato scoperto il “Cocoon” , l’energia vitale, per il cuore. Il nostro ricercatore, fa parte del gruppo di ricerca, diretto da Richard T. Lee, che studia l’invecchiamento del cuore sui roditori e che ha pubblicato i risultati della sperimentazione sulla rivista di biologia CELL. Grazie alla diretta osservazione del dott. Loffredo, è stata individuata la sostanza dagli effetti sorprendenti nel sangue di topi e forse anche degli esseri umani. Si tratta di una proteina, denominata GDF-11, che, iniettata nei roditori, ritarda, o meglio inverte, gli effetti dell’invecchiamento del muscolo cardiaco, gli stessi dell’uomo, la sclerosi e l’ipertrofia.

Grazie a questo “elisir” le lancette dell’orologio biologico vanno indietro e il cuore senile diventa più giovane.  Tra quattro cinque anni, tempo necessario per iniziare una sperimentazione clinica anche sull’uomo, GDF-11, potrebbe diventare la nuova frontiera del trattamento dell’insufficienza cardiaca o della riparazione del tessuto necrotico postinfartuale.
Un futuro con meno trapianti e defibrillatori, Unità Operative di Cardiochirurgia con qualche problema di produttività ma, in definitiva, un bel risparmio per il Servizio sanitario nazionale.

Bari 15-05-2013

Dieci comandamenti come regole di vita, dieci proposte per dare vita al nostro Sistema sanitario

Il Servizio sanitario nazionale, da anni alle prese con tagli, sprechi e medicina difensiva rischia di morire per anemia e malnutrizione.  Si calcola che solo il boom di pratiche diagnostiche e terapeutiche disposte dai medici per tutelarsi dal rischio di un contenzioso medico legale, comporti una spesa annuale di circa 14 miliardi di euro.
In Italia negli ultimi anni vi è stato un incremento delle richieste di risarcimento totalmente ingiustificato. Queste sono le premesse che portano a conseguenze gravi anche in presenza di un comportamento medico corretto. I medici si trovano quindi a operare in condizioni molto stressanti, a loro volta causa di un aumento dei rischi e della possibilità di errore. Questo è il quotidiano teatro operativo del medico, terreno ideale per far germogliare, coltivare e produrre la medicina difensiva il cui risultato finale è il costo enorme per la collettività.
Come da fonte sindacale Cimo Asmd, il 95% delle richieste di risarcimento finisce in tribunale. Oltre il 70% dei medici è comunque prosciolto o assolto, ma i processi durano anni, creando grave danno psicologico ed economico a carico degli interessati. Sono necessarie inderogabili e radicali riforme del sistema, altrimenti gli operatori sanitari continueranno ad agire, specialmente in ambito chirurgico, con l’esclusivo interesse di evitare il contenzioso e non quello della salute del paziente.  Richiesta di esami inappropriati, allungamento dei tempi e delle procedure, frammentarietà della responsabilità e coinvolgimento di più operatori sono le strategie più usate in tema di medicina difensiva. A nulla servono interventi palliativi. Senza le necessarie misure alto sarà il rischio di paralisi del Sistema sanitario.
Quando sono vani gli appelli, quando la ragione non trova lo spazio necessario per rendere visibili le problematiche, forse dobbiamo chiedere aiuto alla storia e al nostro vissuto. Non vogliamo piangerci addosso, ma desideriamo proporre modalità operative. Pensiamo alle Tavole di Mosè. Dieci comandamenti come regole di vita, dieci proposte per dare vita al nostro Sistema sanitario.
La soluzione del problema passa per questi 10 proposte: 1) Depenalizzazione dell’atto medico; 2) Applicazione del concetto di lite temeraria, con diritto di rivalsa nei confronti di coloro che intentano cause strumentalmente senza alcun fondamento clinico; 3) Inversione dell’onere della prova nelle cause civili; 4) Percorsi extragiudiziali per la risoluzione del contenzioso, con automatica remissione della querela in presenza di un accordo risolutivo; 5) Albi dei periti costituiti con criteri stringenti che certifichino la professionalità di chi indiscutibilmente contribuisce al formarsi del giudizio; 6) Introduzione del concetto di alea terapeutica (quando ad esempio vi siano effetti avversi non prevedibili dovuti all’uso di un farmaco, o rischi insiti e ineliminabili in una procedura); 7) Copertura assicurativa e/o gestione diretta del sinistro da parte della struttura, identificando un fondo regionale finanziato anche con i risparmi derivanti dalla riduzione della medicina difensiva; 8) Riduzione a 5 anni dei termini di prescrizione; 9) Tetto ai risarcimenti; 10) Obbligo dell’introduzione nelle aziende sanitarie di una vera prevenzione del rischio.
Al di là dalle proposte sindacali è necessario che i nuovi legislatori producano la normativa che aiuti a colmare definitivamente il deficit legislativo.
A qualcuno potrebbero sembrare queste proposte eccessivamente favorevoli ai camici bianchi. Ogni sanitario e in particolare il medico del Servizio sanitario pubblico, è deontologicamente obbligato a intervenire e a trattare il paziente anche nei casi più gravi e complessi. Affrontare queste emergenze in perenne stato di allarme non fa altro che aumentare i rischi comunque insiti in qualsiasi trattamento. Facciamo lavorare con tranquillità il medico e il primo a riceverne un vantaggio sarà il paziente.

Bari 10 maggio 2013

Attività fisica. Sicuro successo nell’anziano, investimento a lungo termine per la comunità.

Un gruppo di ricercatori americani coordinati dal prof. Patel dell’Università dell’Alabama (USA) ha dimostrato nel Cardiovascolar Health Study (CHS), recentemente pubblicato sulla rivista Int. Journal Cardiology, minore incidenza d’infarto del miocardio, minore mortalità per patologie cerebro-cardiovascolari e soprattutto minore comparsa d’insufficienza cardiaca (HF) nei 5.503 partecipanti allo studio, praticanti attività motoria a qualsiasi livello. I soggetti di età media di 73 ± 6 anni (58% donne e 15% afro-americani) non presentavano, al momento dell’arruolamento, segni di HF. Il campione è stato suddiviso, nei 13 anni di follow-up, in quattro gruppi secondo l’attività fisica effettuata e misurata secondo il consumo dei MET (Metabolic Equivalent Task). L’indice MET o equivalente metabolico corrisponde all’energia spesa al minuto da un soggetto del peso di 70 kg tranquillamente seduto, cioè un consumo di 3.5 ml di ossigeno per Kg di peso corporeo per minuto.
Tutti i livelli di attività fisica avevano una significativa associazione indipendente con basso rischio d’infarto acuto del miocardio e di mortalità cerebro-cardiovascolari. Si osservava anche meno insufficienza cardiaca (HF) nei soggetti anziani che svolgevano attività fisica più intensa. Episodi di HF si sono verificati nel 26%, 23%, 20% e il 19% dei partecipanti, rispettivamente senza, bassa attività fisica, media e alta. L’esercizio fisico preveniva infarti e stroke indipendentemente dall’intensità, mentre la riduzione dell’insufficienza cardiaca era subordinata alla maggiore intensità dell’attività motoria. I dati sono stati confrontati con gli anziani inattivi e corretti per età, sesso e razza.
L’analisi di questi dati permette altre considerazioni. L’insufficienza cardiaca rappresenta l’epilogo naturale della maggior parte delle cardiopatie, ischemiche, ipertensive o primitive. Alti sono i costi sociali per i trattamenti terapeutici e le frequenti ospedalizzazioni, bassa è la qualità di vita di questi pazienti. Considerati i risultati del Cardiovascolar Health Study, visto l’aumento costante della popolazione anziana nei paesi occidentali, investire oggi nell’implementazione dell’esercizio fisico negli ultra sessantacinquenni, dal livello ludico-ricreativo a quello riabilitativo, determinerà un efficace risparmio nei capitoli della spesa per l’assistenza e per la previdenziale dei prossimi anni.
Fonte: Int J Cardiol. 2013: S0167-5273(12)01682-8.
Bari  6 aprile 2013